“Comunemente si ammette che ogni arte esercitata con metodo, e, parimenti, ogni azione compiuta in base a una scelta, mirino ad un bene: perciò a ragione si è affermato che il bene è “ciò a cui ogni cosa tende”. Con questa frase si apre L’Etica Nicomachea di Aristotele. Perché parlare di una frase scritta nella seconda metà del IV sec. a.C.? Una delle tendenze del nostro tempo è quella di negare, rinnegare o peggio ancora distruggere le radici che hanno contraddistinto la nostra civiltà. Lentamente, ma inesorabilmente, come ogni essere vivente anche le culture, che vivono attraverso gli uomini, se non vengono coltivate, animate, tramandate finiscono per stemperarsi in qualcos’altro. Rischiano poi diluirsi a tal punto da mantenersi solo in una flebile vena nascosta in qualche archivio o in qualche “memoria collettiva” che lo Spirito della storia conserva come una sorta di “miracolo civile”.
La Politica è un’arte. Chi esercita quest’arte deve avere ben chiaro quale sia il proprio fine. Quasi due millenni e mezzo fa la questione su quale fosse la responsabilità civile ed etica degli amministratori della cosa pubblica era all’ordine del giorno tanto quanto accade nel nostro tempo. Questo continuo interrogarsi sulla questione non ci deve certo far venire meno l’idea che chi oggi si mette a disposizione della comunità dovrebbe avere in mente un solo interesse: quello di perseguire la felicità e il benessere pubblico. Ogni azione dell’uomo politico, dello zoon politikon, che vuole governare su una città, una regione o una nazione, dovrebbe portare su di sé questo carico di responsabilità. Può fare questo mettendo a disposizione i talenti ricevuti o coltivati come il saper parlare, saper convincere, saper trovare le strade e le idee migliori per la crescita e lo sviluppo di tutte le persone che vivono attorno a noi. Perché tornare a questo tema oggi? Perché è necessario far riappropriare la Politica della propria essenza e questa essenza affonda le proprie radici negli eco profondi della nostra civiltà. Non è solo retorica questa. E’ un richiamo semplice e lineare ad un aspetto basilare dell’agire politico: metto a disposizione il mio talento perché voglio provare a rendere felici il maggior numero di miei simili. Dal momento in cui viene meno questa dimensione sociale, il politico si trasforma in un bieco persecutore di interessi privati o ambizioni personali che forse solo in parte lambiscono il benessere e la costruzione delle possibilità date a tutti i di poter vivere felicemente e in modo sicuro la propria vita. All’interno dello spirito di “fazione” e di “partito”, tendiamo a suddividere ancor di più le parti in base alla ricerca di un fine individuale che pone se stessi, e pochi altri attorno a noi, come unici fruitori di una posizione privilegiata data dalla gestione o dall’appartenenza alla porzione di popolazione delegata alle funzioni di governo o legislative. In questi giorni abbiamo visto disvelarsi nella nostra città solo una parte di questa modalità privatistica e personalistica di approccio alla cosa pubblica che tende a rendere molte azioni fatte dai rappresentanti della comunità semplici atti di interesse per pochi sottraendo risorse ed energie alla crescita e allo sviluppo della città e della regione. Prima ancora che lo faccia un tribunale penale appare così necessario richiamare alla nostra memoria il motivo per cui alcuni di noi si mettono a disposizione degli altri per amministrare, governare e indirizzare la “cosa pubblica”. Mettersi a disposizione però non basta. E’ necessario ottenere la fiducia attraverso il voto, la delega del maggior numero di cittadini a rappresentare sé stessi e la comunità intera nelle sedi in cui si decide il presente e il futuro di tutti. Non solo il politico che si candida dovrà quindi essere mosso dal solo fine di investire tutte le sue risorse intellettive e umane per il bene comune ma anche chi pone la scheda nell’urna deve essere consapevole di detenere, nell’istante stesso in cui mette una croce o esprime una preferenza, un singolo respiro del complesso organismo della rappresentanza di governo.
A breve potremo scegliere, con il nostro voto, di respirare a pieni polmoni e provare a ridare alla Politica le sue radici, farle riprendere le sue funzioni vitali e vere, reali e radicate nell’essenza stessa della nostra civiltà. Non possiamo permetterci l’illusione di pensare che i politici “sono tutti uguali”. Chi si candida dovrebbe portare addosso una “veste bianca”, pertanto dovrebbe quantomeno riuscire a guardarti negli occhi senza il minimo timore di dire e affermare che qualsiasi cosa oggi ti promette dal giorno dopo l’elezione sarà portata avanti in tutte le sedi solo e soltanto nell’interesse pubblico. Questo non è un discorso elettorale ma il sentimento netto e instancabile di chi ha sempre creduto nella responsabilità della politica, nel suo alto valore etico, nel suo codice iscritto nella nostra storia che porta di generazione in generazione uomini e donne a battersi in ogni sede per provare a migliorare le condizioni delle persone che vivono accanto a noi, dei nostri concittadini, dei nostri compatrioti. E’ da questa essenza che dobbiamo ripartire tutti. La bellezza di appartenere tutti ad un unico organismo sociale e di essere tutti vitali ed essenziali specialmente in momenti cruciali come quello che ci apprestiamo a vivere con le prossime elezioni regionali.
Non sprechiamo questa occasione. Diamoci l’opportunità di respirare a pieni polmoni! Diamoci il diritto di poter tornare a parlare del bene della comunità! Diamoci la possibilità di guardare negli occhi chi deleghiamo al governo della nostra regione!