“Il Lavoro, una priorità”

Qualche giorno fa il mio caro amico Cosimo Zecchi lo ha detto senza tanti giri di parole.

“Per Prato è un casino, senza mezzi termini. Magari lo è per colpe nostre, non è questo il punto. Lo è sicuramente perché oggi il mercato chiede cose che comportano uno stravolgimento del nostro modo di produrre e di esistere. Non esula un comparto, quello del riuso, l’ennesimo che lancia un campanello di allarme. Troppi, tutti insieme. Questa discussione è scomoda e la politica la ignora.”

Cosimo lo sa, io non mi tiro indietro e non ho mai avuto dubbi nel mettere sul podio delle priorità della politica, il lavoro.

Ma il lavoro non si protegge con le frasi fatte o con la nostalgia di un passato che non tornerà. Si protegge – anzi, si costruisce – ascoltando chi lavora, chi rischia, chi innova, chi cade e prova a rialzarsi. E oggi, chi lavora a Prato chiede che la politica torni a guardare in faccia la realtà.

La realtà è che il modello produttivo pratese, fondato sul riuso e sul tessile circolare, è sotto attacco da più fronti. Normative europee, pressioni ambientali, nuovi standard di tracciabilità e certificazione, costi energetici e una concorrenza globale che non gioca con le stesse regole. E tutto questo mentre le aziende più fragili vengono lasciate sole, e quelle più solide cominciano a fare i conti con un clima di sfiducia che contagia tutto e tutti.

Dobbiamo essere veloci. La velocità è la prima, vera mancanza della politica. Serve un canale preferenziale H24 dedicato a questo settore, capace di affrontare e sciogliere rapidamente i nodi che rallentano chi lavora. È tempo di replicare e moltiplicare quelle azioni che dimostrano che Prato e la sua provincia possono ancora vincere in un mercato globale e competitivo.

La politica deve stare dalla parte dell’industria che porta nel mondo il nostro prodotto e lo fa con valori positivi: innovazione, sostenibilità, qualità. Al mondo di mezzo – quello delle scorciatoie, degli interessi opachi, delle scorrettezze – ci penserà, com’è giusto, la Giustizia.

Noi, abbiamo anche una responsabilità più grande: sostenere nuovi modelli di business.
Continuare a ragionare con schemi degli anni ’80 non ha più senso. È tempo di avere il coraggio di affiancare al tessile nuove opportunità, nuovi settori, nuove vocazioni economiche. In un prossimo articolo proverò a mettere giù qualche idea concreta. Ma una cosa è certa: il futuro non aspetta.

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