Il PIR di Prato: un fallimento annunciato

La fallimentare sperimentazione del PIR di via Fra Bartolomeo è un esempio calzante di quello che non funziona nella gestione sanitaria pratese e regionale, ormai da tempo.
Poche buone idee ma ben confuse.
A Dicembre 2024 viene presentata questa sperimentazione, a livello regionale, per dare respiro all’affollamento dei Pronto Soccorso delle varie ASL, fra cui il PS di Prato. 
Con un centro aperto 12 ore al giorno (8-20), 5 giorni alla settimana, a cui si accedere solo con ricetta del medico curante o della guardia medica. E già questo la dice lunga sulla visione progettuale di tale sperimentazione. A Prato, peraltro, dislocato alla casa della Salute di via Fra Bartolomeo, zona non proprio di facile accesso e con scarsissima capienza di parcheggio.
Per di più, proprio dall’abolizione della guardia medica notturna, ulteriore scelta sbagliata, discende questo orario “ufficio” del PIR.
E pensare che la stampa ci presentava questo PIR con “rapido” e “tempestivo” come parole chiave.
Come fa ad essere rapido un “ambulatorio” al quale in pratica accedo solo con preventiva ricetta del mio medico? Come fa ad essere tempestivo un centro chiuso la notte a cui non posso accedere perché non c’è nemmeno la guardia medica che mi ci può indirizzare?
I risultati infatti parlano da soli: solo 30 accessi nei primi 50 giorni di sperimentazione.
Sono stati dislocati medici e infermieri per visitare meno di un paziente al giorno.

Ma non è finita, leggendo una intervista alla consigliera comunale Sciumbata di Febbraio 2025 (che si diceva fiduciosa del progetto), si scopre la “dotazione” di questo PIR: elettrocardiogramma, emogas, saturazione del sangue, ma a breve sarebbe arrivata l’apparecchiatura per ecografie veloci in caso, ad esempio, di calcoli renali.
E qui si rasenta l’assurdo; tranne l’ecografia sono tutte prestazioni che si possono fare in una qualsiasi farmacia, che un cittadino può trovare comodamente sotto casa senza dover fare una trafila inammissibile per il PIR.
Senza contare che molti smartwatch di ultima generazione hanno dati in tempo reale per molti di quei parametri clinici e alzi la mano chi non ha un saturimetro, di quelli da indossare sulle dita, a casa dopo l’esperienza COVID.
Si arriva al 31 Marzo 2025, con la bellezza di ben 139 persone trattate.

A Maggio 2025, la visita della commissione consiliare 5 di Prato, decreta il fallimento definitivo del progetto PIR, almeno a Prato: in sei mesi, si sono registrati appena 296 accessi, quanto quelli in un solo giorno al PS del Santo Stefano.


Un flop, un buco nell’acqua, una idea strampalata che non poteva che fallire.
E qui si arriva al nodo cruciale. In Toscana e a Prato si continuano a buttare via soldi in sanità con sperimentazioni ridicole come questa, e poi qualcuno continua a lamentare mancanza di fondi dal ministero.
Fra l’altro, ovviamente vengono riportati i casi che sono andati bene, come quello di Torregalli, con tanto di immancabile visita di Giani.
Ma anche qui dalla regione giocano al gioco delle 3 carte: a Torregalli il PIR è dislocato di fronte all’accesso del Pronto Soccorso dell’ospedale, quindi chi fa il Triage al PS può inviare direttamente i casi meno gravi. Peccato che a Prato, questo non sia possibile, perché l’ospedale è già troppo piccolo.
Difatti, i proclami di successo della Regione sono da restringere ai soli due PIR ad accesso diretto, Torregalli e Figline Valdarno, che da soli hanno assorbito quasi il 70% degli accessi della sperimentazione. Il PIR in modalità di accesso non diretto è una assurdità che non funziona.

Manca totalmente progettazione e organizzazione, manca la visione dei problemi. 
Non sono operazioni di facciata come queste che aiutano, e invece purtroppo continuiamo adassistere solo ad annunci e comparsate.
In sanità le mosse devono essere pensate e commisurate, l’improvvisazione non ha mai portato a niente. Come progettare un ospedale piccolo e dopo 10 anni fare una palazzina nuova.
Pseudo soluzioni buttate li a caso per prendere in giro i cittadini, che finiscono per continuare a pagare sulla loro pelle le code al Pronto Soccorso.

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